Domande e Risposte

Domanda: Si può parlare di un Dio d’amore se poi permette che ci sia tutto questo dolore nel mondo?
Perchè Dio permette il male?

Risposta: Prima del peccato non c’era la morte, il dolore, la sofferenza e nulla di ciò per cui l’uomo non potesse vivere nelle condizioni ideali. Tuttavia l’uomo liberamente andò proprio per le vie che conducono lontano da Dio. Noi non possiamo spiegarci perchè Dio ci abbia concesso tanta libertà. In ongi caso, affermiamo che chi si allontana da Dio, è infelice. Anche oggi facciamo questa amara esperienza. Alcuni incolpano Dio di tutto questo. Dobbiamo però pensare che non Dio, ma l’uomo è il vero colpevole. Se di notte in autostrada spegnessimo i fari ed avvenisse un incidente, non potremmo dare la colpa a chi ha fabbricato l’auto. Costui infatti ha messo a punto tutto l’apparato elettrico; se noi non lo facciamo funzionare,è colpa nostra. “Dio è luce“ (1 Giovanni 1:15), e se noi ci portiamo nelle tenebre, cioè lontani da Dio, non possiamo lamentarci con il Creatore che ci ha fatti per stare vicini a Lui. Dio è e rimane un Dio d’amore, perchè ha fatto per noi l’inimmaginabile: ha dato il Suo Figliuolo Unigenito per liberarci dal peccato. Gesù dice di sè in Giovanni 15:13, “Nessuno ha amore più grande di chi dà la sua vita per i suoi amici“. C’è amore più grande? Non è mai stata fatta per gli uomini qualcosa di più grande di quello che è avvenuto sul Golgota: la croce costituisce il culmine dell’amore divino.
Noi tutti, credenti e non credenti, vivamo in una creazione decaduta, in cui il male è una componente generale in tutte le sue espressioni a noi ben note. Come mai ad uno va tutto bene, mentre un altro è duramente colpito dal dolore e soffre persino più di senza-Dio, come afferma il Salmista: “Invidiamo i prepotenti, vedendo la prosperità dei malvagi. Poichè per loro non vi sono dolori, il loro corpo è sano e ben nutrito. Non sono tribolati come i mortali, nè sono colpiti come gli altri uomini“ (Salmo 73,3-5). Il Salmista da anche il giusto peso al suo dolore individuale, che non considera come punizione per i propri peccati. Quindi non litiga con Dio, ma piuttosto si aggrappa strettamente a Lui: “Eppure io resto sempre con Te, Tu mi hai preso per la mano destra; mi guiderai col Tuo consiglio e poi mi accoglierai nella Gloria….La mia carne e il mio cuore possono venir meno, ma Dio è la rocca del mio cuore e la mia parte di eredità in eterno“ (Salmo 73:23, 24, 26).

Domanda: Come ci si può salvare? Per mezzo della fede o per mezzo delle opere?

Risposta: Nel Nuovo Testamento troviamo due affermazioni che a prima vista sembrano contraddirsi:

Salvezza medinate la fede: „Noi riteniamo che l’uomo è salvato mediante la fede, senza le opere della Legge“ (Romani 3:28)

Salvezza mediante le opere: „Voi vedete che l’uomo è giustificato per opere e non per fede soltano“
(Giacomo 2:24).

Secondo il messaggio centrale del Nuovo Testamento, la fede nel Signore Gesù ha il potere di salvare.
(Giovanni 3:16; Marco 16:16; Atti 13:39; 16:31). Questa fede che salva non si basa su uno dei dati biblici ritenuti veri, ma su un rapporto personale con il Figlio di Dio: “Chi ha il Figlio, ha la vita” (1Giovanni 5:12). Chi si converte al Signore Gesù, fa l‘esperienza del più grande cambiamento di vita. E questo si vedrà dal suo stile di vita e dalle sue azioni: “Chi mi ama osserva i miei comandamenti” (Giovanni 14:15); “Voi sarete miei testimoni” (Giovanni 15:27); “Trafficate finchè io vengo” (Luca 19:13); “Servite il Signore”
(Romani 12:11); “Amate i vostri nemici” (Matteo 5:44);
“Non rendete ad alcuno male per male” (Romani 12:17); “Non dimenticate l’ospitilità” (Ebrei 13:2);
“Non dimenticate di esercitare la beneficenza e di far parte agli altri dei vostri beni” (Ebrei 13:16);
“Pasci le mie pecore” (Giovanni 21:17). Il servizio nel nome di Gesù è una conseguenza necessaria della fede che salva. Questo è indicato nel Nuovo Testamento come il frutto o l’opera della fede. Chi non opera, sarà perduto: “E quel servitore inutile gettatelo nelle tenebre di fuori; lì vi sarà pianto e stridor di denti“ (Matteo 25:30). In contrasto con le opere della fede stanno le opere della Legge (Galati 2:16) e le opere morte (Ebrei 6:1, 9:14), cioè le opere di chi non crede. Anche qui vale il detto: Se due fanno una cosa simile, non si tratta comunque della stessa cosa. Il testo parallelo di Giacomo 2:24, su citato, dimostra che la fede di Abrahamo si manifestò con azioni concrete; fu obbediente a Dio e perciò partì dalla sua patria (Genesi 12:1-6) e stava quasi per sacrifare suo figlio Isacco (Giacomo 2:21).
Allo stesso modo, l’azione della exprostituta Raab (Giacomo 2:25), cioè avere salvato delle spie israelite entrate in Canaan, fu una conseguenza della sua fede in Dio
(Giosuè 2:11). Perciò è chiaro che le opere fanno inscindibilmente parte della fede. Come il corpo umano senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le conseguenti opere è morta (Giacomo 2:26). I su menzionati versetti di Paolo e Giacomo, quindi, non si contraddicono, anzi siamo dinanzi ad un caso di affermazioni che si completano a vicenda.

Domanda:Perchè Dio ha pensato proprio al metodo della croce per la redenzione? Non sarebbe stato pensabile qualche altro metodo?

Risposta: Il metodo della crocifissione non è menzionato direttamente nell’Antico Testamento, ma sono menzionati profeticamente vari particolari, che si riferiscono alla crocifissione, come, ad esempio, il Salmo 22,16, “M’hanno forato le mani ed i piedi“. Paolo riferisce l’affermazione veterotestamentaria, “L’impiccato è maledetto da Dio“ (Deuteronomio 21:23), a Gesù crocifisso (Galati 3:13). La crocifissione, che era usata dai Persiani come metodo di esecuzione capitale era considerata dai Romani il supplizio più crudele e la terribile parte del piano di Dio. Gesù per la gioia che gli era posta dinanzi sopportò la croce disperzzando il vituperio“ (Ebrei 12:2); Egli fu obbediente fino alla morte e alla morte di croce“ (Filippesi 2:8). Qualsiasi altro metodo di morte, che pur sarebbe stato possibile, come la lapidazione, la decapitazione, l’avvelenamento e l’annegamento, è da escludersi a causa dell’analogia fra la caduta o peccato e la redenzione a causa di un albero (Genesi 2:17, l’allbero della conoscenza) entrò il peccato nel mondo; a causa di un altro albero il mondo doveva essere redento: la croce del Golgota è l’albero della maledizione (Galati 3:13). Gesù muore in maniera infamante ed è escluso dalla società, in quanto è maledetto.
Ora, la Legge di Mosè parla di una maledizione sui peccatori. Tale maledizione è su tutti gli uomini dal peccato di Adamo ed Eva in poi. Gesù ha preso su di sè, al posto nostro, la maledizione di Dio che gravava sui peccatori. Ora dalla croce viene la notizia che la liberazione è offerta a tutti gli uomini, i quali, a causa dei loro peccati, sono colpiti dalla maledizione divina.
Il papa Giovanni Paolo II una volta indicò Auschwitz come il Golgota del XX secolo. In tal senso, vi è oggi un filone teologico che vede Gesù solidale con altri sofferenti, perseguitati e assassinati, che come Lui hanno sofferto ed hanno subito una morte crudele. Eppure la morte di Cristo in croce non può essere paragonata alla morte di altri uomini, nè la Sua croce alle molte altre croci che si ergevano a Gerusalemme o a Roma. Essa ha infatti, in quanto Croce di Cristo Figlio di Dio, ha una caratteristica diversa da tutte le altre croci. Egli non soltanto subì l’ingiustizia dei potenti della terra, ma inoltre, ed in maniera unica, subì l’ira di Dio contro i peccatori. Egli fu l`Unico Agnello sacrificale, che “per i molti” fu oggetto del giudizio di Dio. “La parola della croce”(1 Corinzi 1:18) è da allora il centro della predicazione cristiana. Paolo ha quindi soltanto una cosa da comunicare  soltanto “Gesù Cristo, e Lui crocifisso“ (1 Corinzi 2:2).
A. L. Coghill ci indica il significato della croce in un noto inno: “Se si contempla con fede Gesù sulla croce, si è salvati in quello stesso instante; guarda perciò soltanto a Colui che il Padre ha mandato e che per te fu ferito”.

L’essenza delle religioni: Partendo dalle opere della creazione ognuno può arrivare ad ammettere l’esistenza del Creatore (Romani 1:10-21). Dalla “caduta” dell’uomo che è separato da Dio e che è colpevole: “Essi (i pagani) mostrano che quel che la Legge comanda è scritto nei loro cuori per la testimonianza che rende loro la coscienza, e perchè i loro pensieri si accusano o anche si scusano a vicenda“ (Romani 2:15). Nel loro pensiero e nella loro volontà tutti i popoli hanno cercato di ricongiungersi a Dio e hanno elaborato le più diverse religioni. Infatti la parola “religione” viene dal verbo latino “religare” (legare di nuovo). Tale unione viene cercata per mezzo di due elementi caratteristici presenti sostanzialmente in tutte le religioni: alcune norme escogitate dagli uomini (ad es. quelle concernenti riti sacrificali) ed oggetti ritenuti importanti (ad es. l’immagine di Budda, le Ruote della Preghiera, la Caaba nella Mecca). Noi quindi indichiamo come “religione” ogni sforzo umano per arrivare a Dio. Secondo l’Evangelo invece è proprio il contrario: Dio stesso agisce e viene verso gli uomini. Di conseguenza non parliamo della vita biblica per raggiungere Dio come una “religione”.

Domanda: Vi sono tante religioni. Non possono essere tutte false. Non è presuntuoso che il Cristianesimo è l’unica via per ottenere la vita eterna?

Risposta: Nessuna religione salva, neanche il Cristianesimo, se lo si presenta come una religione. C’è soltanto un Dio, cioè quello che ha fatto il cielo e la terra. Soltanto la Bibbia ci parla di questo Dio. Soltanto Lui può dire con certezza cosa è utile per la nostra salvezza. Se qualche religione fosse in grado di salvarci dalla perdizione eterna, Dio l’avrebbe indicata. In quel caso la morte di Gesù non sarebbe stata necessaria. Ma il sacrificio del Golgota era assolutamente necessario per la salvezza. Perciò la croce di Gesù ci da assoltua certezza che non esiste neussun altro modo per cancellare i peccati commessi contro un Dio così Santo. Nella morte di Gesù in croce Dio ha giudicato i nostri peccati, in modo che ora soltanto la conversione personale a Gesù Cristo e la consacrazione della nostra vita a Lui possono salvarci. In tutte le religioni l’uomo crede di salvarsi con le proprie forze; secondo l’Evangelo, invece, Dio ha fatto tutto mediante il Suo Unico Figliuolo e l’uomo deve solo appropriarsi della salvezza con la propria fede. Per questo negli Atti degli Apostoli 4:12 è detto: “In nessun altro è la salvezza, perchè non vi è sotto il cielo nessun altro nome (tranne quello di Gesù) che sia stato dato agli uomini, per il quale noi possiamo essere salvati”. Eccetto Gesù, non c’è nessun altro ponte per andare in cielo! Tutte le religioni sono dei vani miraggi nel deserto di un’umanità perduta. A chi sta morendo di sete non giova il miraggio di una fonte d’acqua. Perciò il concetto stesso di tolleranza dinanzi a tutte le concezioni fantastiche delle religioni alla fin fine porta l’umanità alla morte (Proverbi 14:12), ci vuole acqua fresca. E la Bibbia indica molto chiaramente l’unica vera oasi, l’unica possibilità di sopravvivere, Gesù Cristo:

“Io sono la via, la verità, e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me” (Giovanni 14:6).

“Nessuno può porre altro fondamento se non quello già posto, cioè Gesù Cristo” (1 Corinzi 3:11).

“Chi ha il Figlio, ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita” (1 Giovanni 5:12).

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Il libro si chiama Interrogativi di sempre

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