Gettarsi tra le braccia

Immaginiamo un bambino in piedi su un muretto, e suo padre chi gli tende le braccia. Senza
esitare, il bambino salta e si getta felice al collo di papà. Era certo che lo avrebbe preso, ma
non poteva provarlo con un ragionamento logico; doveva “fare il salto”, non nel vuoto ma
nelle braccia di chi lo ama.
Allo stesso modo il “sì” incondizionato della fede ci porta a “fare il salto”. Per trovare la
verità, devo abbandonare i miei pensieri che vorrebbero sempre dimostrare tutto. Finché cerco
di verificare col ragionamento tutto ciò che la fede cristiana afferma, prima di abbracciarla,
non dirò mai quel “sì”. Se pretendessi di capire tutto, non otterrei nulla, perché il mistero di
Dio è troppo grande e troppo profondo perché io possa verificarlo.

Se dichiaro di credere in Gesù Cristo, appoggiandomi solo su ciò che mi fa comodo, non
ho veramente la fede, perché non accetto Gesù così com’è, ma piuttosto come me lo sono
costruito perché mi “soddisfi”. Così facendo non mi appoggio su di lui e sulle sue promesse,
ma continuo a fare affidamento su me stesso.
Ciò che convince il credente non è un ragionamento logico, ma la certezza che Gesù Cristo
è il solo mezzo di salvezza che Dio offre all’uomo. Riconoscendo che è Dio che mi parla,
il mio giudizio personale diventa molto fragile di fronte alle sue parole di verità e d’amore.
Come quel bambino, devo rispondere all’invito pressante del Signore e confidare nelle sue
promesse.

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