Chesley Sullenberger – l’eroe dell’Hudson River

Di fronte a tragedie o eventi spiacevoli, la prima domanda che l’uomo pone è sempre: “Come puó Dio, se c’è un Dio, permettere questo? Al contrario, si sente molto di meno, o quasi per niente, lodare e ringraziare Dio per ogni bimbo che nasce e cresce in salute, per il sole che vediamo alzarsi al mattino, per ogni lieto evento che viviamo o sperimentiamo, per ogni persona che, dopo un intervento chirurgico delicatissimo, torna a vivere normalmente. Anzi, di solito si dá gloria solo all’uomo, e la stessa cosa avvenuta anche per un evento che ha dello straordinario, successo tre anni fa’. A rifletterci, lascerebbe chiunque a bocca aperta, si parla anche di miracolo, ma è piú un modo di dire, la vera gloria e onore è stata data solo all’uomo. Qui di seguito c’è uno spezzone del quotidiano Repubblica del 16 gennaio 2009.

“Si chiama Chesley Sullenberger. A lui devono la vita 155 vite persone. Grazie a lui, alla sua abilità e al suo sangue freddo, l’Airbus A320 della Us Airways, con i motori in avaria dopo uno scontro con un gruppo di uccelli, è “atterrato”, senza conseguenze, nell’Hudson, il fiume che divide Manhattan dal New Jersey.

Da ieri Sullenberger, ex pilota di guerra, è “l’eroe dell’Hudson”. Le pagine dei giornali sono piene della sua storia. I ringraziamenti e gli elogi si sprecano (…) E tutti, ma proprio tutti, ripetono, come un mantra, tre parole: ” “Grazie, grazie, grazie”. Grazie ad un uomo che ha trasformato in un brutto ricordo quella che poteva essere una tragedia spaventosa”.

Scriveva ancora il giornalista Vittorio Zucconi, sempre su Repubblica del 16 gennaio 2009: “ il Boeing era in quel momento “un mattone con le ali”, come ha detto un pilota a una rete televisiva, ancora incredulo davanti alla scoperta che il comandante fosse riuscito a posare quell’immenso animale sulla superficie del fiume che divide Manhattan dal New Jersey, senza colpire una chiatta, un ferry, un ponte, senza ferire seriamente un solo passeggero e senza conficcarsi, ancora carico di kerosene, contro uno dei grattacieli e dei palazzi sulle rive del fiume.

Nessun addestramento al simulatore, per quanto diligente e realistico, potrebbe mai simulare quello che il. “Non abbiamo mai visto una cosa del genere” scapperà detto a un portavoce della US Airways “e non credevamo neppure che fosse possibile”.

Perché tutto funzioni con questa perfezione, senza preavviso altro che i pochi secondi trascorsi tra il momenti in cui il pilota ha scoperto di avere perso entrambi i motori e la panciata sull’acqua, perché nessuno muoia o si ferisca gravemente quando un aereo passeggeri cade sopra una delle zone urbane più densamente popolate ed edificate del mondo, deve essere accaduto qualcosa che non riusciamo a spiegare e neppure l’inchiesta ufficiale potrà mai chiarire, oltre il pensiero che il fato, o qualche potere inspiegabile, ha voluto offrire un piccolo risarcimento di vite umane per quelle che aveva assurdamente consumato qui. Quindi: sì, effettivamente, miracolo a Manhattan”.

In conclusione, senza nulla togliere alla professionalità e sangue freddo del pilota in quei terribili istanti, non si non rimanere stupefatti e senza parole di fronte ad un fatto simile, qualcuno accenna anche al miracolo. Ma se noi fossimo stati tra i passeggeri di quell’aereo, dopo aver rimesso piede a terra sani e salvi, dove avremmo rivolto il nostro sguardo? Al solo comandante-eroe?

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