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5. Possibilità di miracoli


Quando si esamina l’evento della resurrezione bisogna evitare di giudicarlo storicamente impossibile a priori, dando credito al preconcetto che qualsiasi cosa di soprannaturale o di miracoloso sia impossibile.


Quando si studia la storia, spesso viene a galla un atteggiamento paradossale che io chiamo “effetto Hume”. Il filosofo Hume sosteneva che la fede può essere giustificata dalla probabilità e che la probabilità si basa sull’uniformità, o costanza, della natura. In altre parole, facciamo bene a prestar fede soltano alle esperienze che sono normali secondo la vita ordinaria dell’uomo. Tutto ciò che è inconsueto e atipico, come può esserlo un miracolo, deve essere dunque respinto.


Per esempio, cosa è più probabile: che i testimoni della resurrezione di Cristo fossero in errore o che Gesù sia veramente risorto?


Secondo “l’atteggiamento scientifico moderno” di Hume la risposta è scontata, poiché secondo la sua definzione i miracoli non possono aver luogo.


Una spiegazione naturalistica


Un altro modo di interpretare i fatti della storia secondo falsi preconcetti è nell’idea secondo la quale viviamo in un universo chiuso nel quale nessun elemento soprannaturale può intervenire ad infrangere l’ordinarietà. In altre parole, qualsiasi tipo di evento (passato, presente e futuro) deve avere una spiegazione naturale. Ciò sopprime radicalmente la possibilità di un’interferenza del soprannaturale, indipendentemente dalla concretezza della sua evidenza.


Conclusioni di un filosofo


Una volta fui invitato a tenere una lezione di filosofia in una classe il cui professore era anche capo del dipartimento. Dopo che ebbi presentato le testimonianze storiche e letterarie sulla divinità di Cristo, il professore cominciò ad interrompermi con domande ed accuse riguardo la resurrezione. Dopo circa dieci minuti, uno studente intervenne pondendo al professore una domanda molto perspicace.


“Cosa pensa che sia avvenuto la prima Pasqua?”


Il professore mi guardò, poi volse lo sguardo verso lo studente.


“Non so cosa successe”, rispose con cautela, “ma certo non fu una resurrezione!”


“La sua conclusione è il risultato di un attento studio dei documenti?”, chiese lo studente. “No, è il risultato del mio ragionamento filosofico!” fu la risposta.


In un’altra università, alcuni studenti presero il mio primo libro, “La parola alla difesa”, e lo diedero al preside del dipartimento di storia. Dopo alcuni mesi, uno degli studenti chiese al preside quale fosse l’opinone che se ne era fatto.


“Contiene gli argomenti storicamente più rilevanti che abbia mai letto a proposito del cristianesimo”, rispose il professore, che poi precisò: “ma non arriverò alle stesse conclusioni del signor McDowell”.


“Perché?”, chiese perplesso lo studente. “Perché ho già una mia filosofia a riguardo”, fu la risposta del professore. I documenti storici non erano contestati, ma la conclusione fu raggiunta ugualmente a prescindere dalla loro testimonianza.


I limiti di Hume


Il Dott. Lawrence Burkholder, teologo di Harvard, ammette che il suo approccio alla storia era stato grandemente influenzato dall’argomentazione di Hume, secondo il quale ogni oggetto, per essere vero, deve rispondere all’uniformità della natura. Dopo essersi reso conto che ogni evento storico è, sotto certi aspetti, unico ed irripetibile, confessò: “Sto cominciando a capire i limiti di Hume”.


Burkholder nota che l’argomentazione di Hume contro i miracoli “limita la possibilità di accettare ciò che invece successivamente ho scoperto essere la realtà. Egli mi e chiede di non credere ad alcuna cosa a meno che non corrisponda a qualche esperienza già prodottasi in passato. Eppure, mi trovo sempre più nella condizione di non poter predire il futuro, di diventare sempre più modesto nel dire ciò che è possibile e ciò che non lo è, ciò che potrebbe accadere e ciò che non accadrà. Questa stessa modestia mi trattiene anche dall’affermare categoricamente cosa potrebbe essere successo nel passato”.


Egli aggiunge: “… Penso di avere almeno il diritto di poter lasciare aperta la possibilità che sia successo un qualcosa chiamato resurrezione”.


Il professore Clark Pinnock, parlando dell’attendibilità della metodoligia di Hume e del bisogno di dare una spiegazione naturalistica ad ogni evento storico, sottolinea che “l’assenza di miracoli nel passato sarebbe uniforme solo se sapessimo che tutte le informazioni che ci sono pervenute a riguardo sono false, ma non è così. Nessuno ha una conoscenza infallibile delle “leggi naturali” in modo da poter escludere la possibilità di eventi straordinari. La scienza ci può dire ciò che è successo, ma non ci può dire ciò che succederà; essa osserva gli eventi, ma non li produce. Lo storico non può comandare alla storia, ma è aperto ad accogliere ciò che le testimonianze gli riportano. Appellarsi a Hume è un segno tangibile di mancanza di fede nella storia”.


Wolfhart Pannenberg, dell’Università di Monaco, aggiunge: “La questione… se qualcosa sia successo o meno in un determinato periodo, migliaia di anni fa, può essere stabilita solo sulla base di argomenti storici…”.


La necessità della ricerca storica


John Warwick Montgomery, scrivendo a proposito di coloro che ancora sostengono la teoria del sistema chiuso secondo cui Dio non può intervenire dall’esterno, ma che tutti gli eventi devono avere una spiegazione rigorosamente naturalistica, annota: “Dopo Einstein nessuno ha il diritto di escludere la possibilità di eventi sulla base di quella che in precedenza era nota come “legge naturale”. L’unico modo per poter stabilire se un evento può accadere è di accertarsi se è veramente accaduto. Il problema dei miracoli, quindi, deve essere risolto nell’ambito della ricerca storica, e non per opera della speculazione filosofica”.


Ma l’epoca newtoniana è ormai tramontata da un pezzo: è tempo che impariamo a dare il giusto peso all’imprevedibile ed all’inatteso, che pure esistono nell’universo anche se non sempre ce ne accorgiamo.


Un illustre critico del Nuovo Testamento, il Dott. Vincent Taylor, mette in guardia contro i pericoli di un eccessivo dogmatismo. In merito ai limiti della cultura scientifica sulla valutazione degli eventi miracolosi, afferma: “Negli ultimi cinquant’anni siamo stati più volte turbati da scoperte che un tempo erano considerate impossibili. Abbiamo scoperto la scissione dell’atomo, abbiamo sentito gli scienziati affermare che l’universo è “più simile ad un grande pensiero che ad una grande macchina”. Questi cambiamenti di vedute non dimostrano l’esistenza di miracoli, ma implicano che, poste le opportune condizioni, i miracoli sono tutt’altro che impossibili, e non c’è alcuna filosofia o dogma che possa negarli o renderli impossibili”.


Lo storico francese Ernest Renan, che negò la resurrezione di Cristo, ammise di aver cominciato la propria ricerca sulla vita di Cristo partendo dal presupposto “che i miracoli non esistono, perciò la resurrezione non è mai avvenuta”. Un simile atteggiamento non sarebbe accettato in nessun tribunale. Le conclusioni di Renan sulla resurrezione di Gesù Cristo non erano basate su una ricostruzione storica attendibile, ma su una semplice riflessione filosofica.


Questo modo di fare ricorda il proverbio americano: “Ormai ho deciso, non confondetemi con i fatti”.

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