Franz Huber – Ballo con la morte

Amsterdam – È una bella giornata estiva e Trixi, una mia vecchia amica, è sdraiata al parco sotto il sole mentre sorseggia una bottiglia d’acquavite. Poi, improvvisamente, sale sul tetto di una palazzina e si butta giù.
In quella bella giornata di sole, lei era lì a terra sfigurata con una grave lesione al cervello; pochi minuti dopo l’ambulanza l’ha portata in ospedale dove i medici hanno fatto di tutto per tenerla in vita. Alcuni giorni dopo siamo andati a trovarla ma non le abbiamo potuto parlare; dopo il vuoto nella sua vita, desiderava solamente la morte. Trixi è stata il mio primo amore. La incontrai in un locale a Monaco e dopo aver ballato insieme le chiesi subito se voleva fumare dell’hascisc. Lei accettò e così andammo a casa di un mio amico dove abbiamo ascoltato dischi dei Beatles e dei Rolling Stones; dopo aver fumato ci siamo sdraiati sul pavimento e abbiamo parlato molto della libertà. L’anno successivo ci trasferimmo ad Amsterdam e Trixi rimase la mia compagna nella vita della droga. Spesso frequentavamo un locale simile al posto dove ci siamo conosciuti a Monaco; lì prendevamo e vendevamo eroina e in pochissimo tempo ne fummo sopraffatti. In quel periodo abitavo insieme a Trixi e Jacky. Una sera ci venne a trovare il mio amico Bernie e dopo aver preso l’eroina insieme, ci distendemmo sui materassi ad ascoltare della musica. Improvvisamente sentii bussare alla porta,mi tirai su e guardai dallo spioncino e riconobbi Rudy che teneva qualcosa in mano avvolto in carta da regalo e gli aprii la porta. Quando entrò, tirò fuori da quella carta una pistola, me la puntò contro e disse: «Franz tu mi hai fregato!» Mi spinse in un angolo come in un selvaggio film western. La paura mi assalì perché pensai che se qualcuno ci avesse sentito, avrebbe chiamato di sicuro la polizia così saremmo finiti tutti in prigione; alla fine mi decisi di dargli l’eroina che gli avevo rubato e finalmente andò via.

Qualche tempo dopo mi trovavo con altri due amici, Sigghi e Romano, che giusto la sera prima d’incontrarmi, rapinarono da una farmacia tutti i preparati a base di morfina. Abbiamo colto al volo l’occasione e così abbiamo preparato un cocktail a base di morfina così forte che Romano andò in overdose. Subito spalancammo le finestre e lo schiaffeggiammo per farlo riprendere, tentammo pure una respirazione bocca a bocca ma anche questo non servì. Al solo pensiero che lui sarebbe potuto morire a casa nostra e che saremmo stati tutti arrestati rabbrividii!!
Presi dal panico, caricammo Romano sulle spalle, e veloci giù per le scale, lo portammo in strada e lo lasciammo là. Poi di corsa chiamammo la polizia da una cabina telefonica dicendo che c’era un uomo privo di sensi. Cominciammo a vagare per la città terrorizzati perché sapevamo che la polizia avrebbe fatto di tutto per scoprire cosa fosse successo.
Dopo alcune ore tornammo a casa ma, incredibilmente, Romano era lì ad aspettarci. Indifferenti al pericolo trascorso, prendemmo di nuovo l’eroina, ma questa volta qualcosa cambiò. Romano, in overdose per la seconda volta nel giro di una notte sola, questa volta non ce la fece e morì sotto i nostri occhi.

Monaco – Giardino del cervo
Una casa abbandonata. Tossicodipendenti ed alcolisti come Lupo, Sigghi, Vittorio e Trixi la occu-pavano. Questa diventò anche la mia casa. Tutti quanti avevamo in comune un unico interesse: drogarci; ma quando le nostre dosi finivano non ci creavamo scrupoli a scassinare le farmacie per rubare qualsiasi preparato a base di morfina. Eravamo soliti tirare a sorte chi doveva farlo,e una di quelle volte toccò a me e Christian. Non eravamo dei professionisti, infatti, fummo molto rumorosi ed inoltre, una volta entrati dentro la farmacia, non riuscimmo a scassinare l’armadietto con i preparati a base di morfina. Allora decidemmo di andare a chiamare Vittorio perché aveva più volte derubato una farmacia. Christian andò a prendere Vittorio ed io rimasi lì, nascosto sotto la macchina, per controllare se veniva qualcuno. Poco dopo Vittorio e Christian ritornarono ed immediatamente trovammo quello che cercavamo: la nostra amata morfina. Avevamo tutto quello che ci occorreva anche per i giorni a venire, ma sapevo che sarebbe finita presto, infatti, finita la morfina rubata,l’astinenza non tardò ad arrivare e con questa anche i dolori. Non avevamo più niente da spararci in vena; l’unica cosa che avevamo era una ricetta falsa, così andai in una farmacia che conoscevo e diedi al farmacista la ricetta per un preparato a base di Jetrium.
A quell’ora del giorno c’era molto movimento e gli impiegati della farmacia erano molto indaffarati. Quando vidi le Jetrium nelle mani del farmacista, il mio cuore cominciò a battere
forte perché non vedevo l’ora di spararmelo in vena,ma non riuscivo a capire come mai perdesse tutto quel tempo. Ad un tratto si aprì la porta dietro di me. «È lui!» gridò il farmacista puntandomi il dito contro, e così capii che aveva chiamato la polizia e stavano per arrestarmi.
Ero già stato in prigione, ma quella fu la prima volta che mi arrestarono in piena crisi d’astinenza. Che tormento e che dolore! Niente funzionava più senza l’eroina.
Inizialmente mi misero fra i carcerati comuni ma successivamente mi trasferirono nel reparto psichiatrico dove mi curarono imbottendomi di psicofarmaci. Ero ridotto come una bestia: stavo sempre buttato a terra nella cella, mi colava il naso,mi lacrimavano gli occhi e sudavo al punto di inzuppare i vestiti; gambe e stomaco mi facevano troppo male e improvvisi brividi di caldo e di freddo mi assalivano. Nella mia mente c’era un solo pensiero: EROINA!!

Ma l’unica cosa che potevo fare era rassegnarmi e sopportare le mie pene perché sapevo che nessuno poteva aiutarmi. Solo il tempo avrebbe alleviato le mie sofferenze, infatti, in tre o quattro giorni il peggio passò. In cella con me c’erano altri sbandati tossicomani: Lerry, ex soldato vietnamita con una grande passione per il ballo; Roberto, spacciatore psicopatico. C’era anche uno slavo alcolista, arrestato per affari politici e tanta altra gente accomunata da un’irreprensibile devianza mentale. La cella era piccola ed angusta. C’erano tre letti a castello per sei detenuti,un tavolo,qualche sedia ed un armadietto.

Le prime notti in carcere furono tremende per me,infatti, non riuscivo a prendere sonno perché mi assaliva la depressione causata dall’astinenza, dalla paura e dagli incubi. Inoltre di notte i carcerati facevano sempre una gran confusione. Spesso imitavano i versi degli animali a tal punto che mi sentivo in uno zoo ma ogni tanto giocavano a carte alla luce delle candele create da loro stessi. Non di rado i carcerati in isolamento avevano crisi di nervi. Loro cominciavano a fracassare gli armadietti e poi tiravano i pezzi dalla finestra. Spesso gli altri detenuti li incoraggiavano e dicevano: «Dai tira giù pure il tavolo!».

Poi sentivo un rumore d’acqua che scorreva, infatti, avevano persino rotto i lavelli. Sì, è proprio questa la vita da carcerati. I nostri argomenti avevano un solo tema: eroina, cocaina e droghe varie. Ci chiedevamo continuamente come poter fare ad averne un po’. Un giorno arrivò un vagabondo nella nostra cella con una grave crisi d’astinenza.

Sembrava essere completamente matto, infatti, durante le crisi vedeva ragni e scarafaggi d’ogni genere camminare nella cella. Quando finiva di delirare, pensavamo di sfruttare al meglio l’occasione e così gli dicevamo: «Amico, adesso noi suoniamo il campanello d’allarme così viene la guardia. Quando viene,tu fingi di delirare dicendo di vedere ragni, scarafaggi ed elefanti, così mandano l’infermiere per somministrarti dei psicofarmaci;
poi quando ti danno le pillole tu le dai a noi in cambio del nostro tabacco, così possiamo ottenere quello che vogliamo: un po’di sballo.»

Per la mia ricetta falsificata, ho dovuto scontare sette mesi di carcere, e nelle lunghe notti insonni, potevo pensare a tutto quello che la mia vita era stata fino a quel momento.

Sono nato a Mütterheim, mio padre si separò da mia madre poco prima della mia nascita per andare nella Germania dell’est, così sono cresciuto senza padre. Abitavo con mia nonna e mia madre. All’età di nove anni morì mia nonna, così rimasi abbandonato a me stesso.

Quando ritornavo dalla scuola, sul tavolo della cucina trovavo il solito biglietto: «Buon giorno Franz, in cucina c’è della pasta ed in frigo c’è del sugo e dell’affettato; preparati qualcosa di buono; la mamma ti augura buon appetito».

Presto mia madre portò un amante in casa perché voleva che prendesse il posto di mio padre. Questo non riuscii a sopportarlo fino al punto che un giorno litigando con lui, cademmo per terra ed io gli graffiai la sua testa pelata gridando: «Ti odio, ti odio!»

Poi arrivò il momento di iniziare a lavorare. Non avevo la più pallida idea di quello che avrei voluto fare. Mia madre mi disse: «Trova lavoro da un macellaio, almeno avremo sempre qualcosa da mangiare». Allora non era difficile trovare un lavoro da apprendista, e fu nel periodo in cui stavo imparando il mio lavoro, che cominciai a drogarmi. Iniziai a prendere il Captagon, passavo tutte le notti in discoteca e la mattina, mai prima delle cinque, andavo direttamente a lavorare senza neanche essere tornato a casa, infatti svolgevo male il mio lavoro. Un giorno stavo preparando dei würstel, e dopo averli disposti in una teglia, accesi il forno, ma la temperatura salì troppo, così scoppiarono tutti. Quando successe questo incidente, il padrone si trovava al mattatoio ma sapevo che quando sarebbe tornato, sarei stato preso dal panico. E così fu! Quando tornò andò a controllare la teglia e quando vide quello che era successo, preso dall’ira, mi tirò tutto contro. Un’altra volta, dovevo affumicare dei würstel, ma sbagliai e misi troppa segatura sul fuoco e così i würstel, andarono tutti persi un’altra volta. Dopo un anno decisi di lasciare quel mestiere.

Non avevo un futuro! Perché avrei dovuto lavorare? Non sapevo neanche perché avessi scelto quel lavoro che non mi piaceva. Raramente stavo bene ed inoltre non mi sentivo amato da nessuno. La notte cominciai a frequentare dei pub rock molto affollati. Qui si veniva per ballare e per evadere dalla routine quotidiana. La musica ci stregava e noi ci lasciavamo trascinare. Questa discoteca si trovava nel quartiere di Schwabing, dove ho cominciato a fumare marijuana ed hascisc e poco dopo cominciai anche a spacciare. Così trascorrevo la mia vita abbandonato a me stesso. Le notti che dormivo in casa erano poche, perché preferivo passarle dagli amici. Cercavo di trovare me stesso e il senso della mia vita tra i freakettoni e i vagabondi;

li trovavo interessanti nonostante loro fossero degli emarginati sociali. Sesso droga e rock’n’roll mi presero,ma anche questo mi rendeva solitario. Il mio desiderio d’amore sprofondava sempre più nel tunnel della droga. Le mie giornate erano vuote ed insignificanti; la gente per strada cercava la pace ed anche il mio cuore sperava in quella pace, che purtroppo non trovavo. «Una canna al giorno toglie il medico di torno».

Questo era il mio modo di affrontare la vita ma, a dire la verità il mondo era diventato buio e senza speranza. Uno dei miei punti fermi era, che solo i cretini lavoravano per guadagnare, così decisi di spacciare hascisc ed LSD, infatti sera dopo sera, andavo in giro per i locali dove c’erano concerti per vendere droga ai ragazzi.

Da un uomo d’Amburgo, ho ricevuto la mia prima dose.
Lui ci notò mentre fumavamo dell’hascisc, così si avvicinò e disse che aveva l’eroina. Io gli chiesi se me la faceva provare, così andammo in bagno e lì mi bucai per la prima volta. Quella esperienza in un certo senso mi diede tutto. Fece risplendere in me tanta gioia ed amore per la vita che ho sempre desiderato, però da quel momento in poi, mi trovai in quella strada a senso unico che percorrono tutti i tossicodipendenti.

Qualche tempo dopo conobbi dei ragazzi in un pub, che mi adescarono regalandomi un po’ d’eroina. Ma sapevo che in qualche modo avrei dovuto ripagare quel “regalo”; infatti mi ci volle poco per capire che avrei dovuto spacciare per loro. Ci incontravamo ogni sera in una baracca dove regolavamo sempre i conti con una ragazza mandata da loro chiamata Misha la rossa. Era lei che veniva a prendersi i soldi e a portarci altra eroina da vendere; poi finalmente potevamo avere la nostra dose. A volte bucarsi richiedeva molto tempo perché non era facile trovare una vena nelle mie braccia ormai distrutte; ma una volta messo in circolo quel veleno, ogni problema sembrava sparire.
Avevo venduto la mia anima alla droga e le poche volte che me ne rendevo conto, sentivo un forte desiderio di morire. Spesso mi ripetevo: «Sono solo un tossicomane fallito, e per questo mi trovo in prigione».

Sì, ero proprio in prigione, ed avevo ancora sette mesi da scontare, ma fortunatamente rimasi in contatto con Trixi. Trascorsi i sette mesi, la prima cosa che feci da libero fu quella di andare da Trixi dove potevo trovare l’eroina; fu così che rientrai a pieno regime nella cricca di eroinomani. Mi bucavo ogni giorno, e portavo sempre con me la mia siringa con l’ago numero diciotto. Ma la mia “libertà”, stava nuovamente per essere interrotta, infatti di lì a poco subii un altro processo per l’ennesimo furto in farmacia. Il pensiero di ritornare in carcere mi faceva rabbrividire, così questa volta decisi di scappare oltre frontiera e andare ad Amsterdam: stradine piene di spacciatori, club d’ogni genere, prostitute in vetrina, coffeshop e tanto altro. Quale posto migliore per un drogato come me!

Quando ci arrivai, andai subito a cercare l’eroina e la comprai da un ragazzo di colore tramite cui conobbi altri tossicodipendenti della zona. Molti di loro rubavano e per questo la polizia aveva sempre gli occhi su di loro e inoltre c’erano pure molte spie infiltrate che informavano costantemente la polizia sui loro movimenti. Gente dai corpi scarni, visi magri con occhi scavati e vestiti lacerati.

Questo triste identikit caratterizzava i tossici che frequentavo. Fra questi c’era Glenn, un ragazzo di colore, il vecchio Francesco di Amburgo e Toti da Monaco. Noi abitavamo in una barca trovata da Toti. La proprietaria era una prostituta che ci lasciava abitare là in cambio di un po’ di eroina. Noi eravamo sempre indaffarati nell’inarrestabile ricerca di soldi e facevamo di tutto per trovarli. Alcuni di noi vendevano cianfrusaglie varie, altri andavano nei centri commerciali a rubare borse per signore, che rivendevamo alle prostitute; non importava come ma l’importante era reperire soldi per l’eroina.

A volte avevo l’eroina ma mi mancava il cucchiaio per scioglierla e sentivo che il bisogno di bucarmi era forte; allora bussavo in casa di qualcuno dicendo di essere un turista: «Ho un barattolo di fagioli ma non posso mangiarli; potrebbe darmi un cucchiaio?» Quando non riuscivo a trovare i soldi prima del pomeriggio, era tremendo perché in una o due ore mi veniva la crisi d’astinenza. A causa della mia cronica dipendenza dalla droga, cominciai a rubare quotidianamente; vivevo truffando e scroccando alle persone. Per un periodo sono stato complice di un borseggiatore. Il mio compito era di cercare persone ubriache ed intrattenerle con ragionamenti inutili. Li distraevo mentre il mio complice li derubava; poi quando finiva, mi faceva un segnale per farmi capire che aveva preso i portafogli ed io li lasciavo stare. Così avevamo un portafoglio in più.

C’erano giorni che dovevo perfino chiedere l’elemosina,
ed allora andavo alla stazione, salivo su un treno e con qualche bugia riuscivo a racimolare qualche soldo, dicendo di essere stato derubato, oppure di dover andare a tutti i costi ad Amburgo. Così, di scompartimento in scompartimento, raccontavo alla gente che dovevo andare da mia madre o dalla mia ragazza, oppure che dovevo raggiungere urgentemente mia moglie; di solito riuscivo a racimolare 50 o 100 fiorini.
Ricordo un uomo che mi rispose dicendo: «Oggi Lei è il terzo, ma che cosa succede qui?» Sapevo di non essere il solo a scroccare soldi. Tutta la fatica finiva quando compravo la desiderata eroina. Quale sollievo! Il veleno scorreva nel mio corpo, e sapeva sollevare i miei dolori. Anche se per poco tempo, la droga mi dava tutto quello che cercavo. Così passavano i mesi. Vagavo per le strade, scassinavo macchine, truffavo la gente; vendevo fango secco spacciandolo per hascisc e cartoncini colorati spacciandoli per LSD.

Purtroppo arrivò il giorno in cui la polizia mi espulse dall’Olanda, ma io imperterrito riuscii di nuovo a passare la frontiera illegalmente e tornai in Olanda. Dopo l’ennesimo furto la polizia mi riprese ma non mi rimandarono più in Germania, perché tanto capirono che riuscivo a rientrare; per questo si sono rassegnati ed uno di loro mi disse:«È inutile mandarti in Germania,se poi riesci a tornare in Olanda; è meglio aspettare che muori, almeno ti rispediamo via dentro una cassa da morto».

La droga aveva accelerato il mio cammino verso l’inferno. Ormai conoscevo bene la galera; non mi restava altro che conoscere il manicomio. Tramite un’azione criminale sono stato di nuovo arrestato e poi rinchiuso in una clinica psichiatrica. Mi sono ritrovato insieme ad assassini,maniaci sessuali, deboli di mente, ammassati tutti insieme in un reparto di isolamento. Come sempre stavo insieme a tutti i tossici ed il nostro unico tema era la droga. «Senza droga non c’è speranza» dicevamo spesso. Lì ho fatto amicizia con una ragazza, anche lei tossicodipendente;

eravamo molto uniti. Quando il sabato avevamo l’ora d’aria all’interno dell’istituto, riuscivamo a scappare e a procurarci la droga. Quando sono stato rilasciato, ho interrotto la terapia di recupero che avevo più volte vanamente iniziato. Ritornavo sempre al punto di partenza.

Se solo l’avessi saputo prima che c’è una persona in grado di aiutare tutti quelli come me, tutti gli eroinomani e tutta la gente allo sbando; questa persona ha detto: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me.» (Giovanni 14:6)
Questa persona, Gesù Cristo, mi è sempre venuta dietro dal momento in cui mi ha trovato.

Nel 1970 mi trovavo nuovamente in carcere in un centro per malati di mente; lì vennero delle persone che mi fecero vedere un film che parlava di Gesù Cristo. Molti si avvicinarono per vedere, ma dopo aver visto quella proiezione esclamai: «Questo è solo fanatismo! Davvero questo libro nero chiamato Bibbia può liberarci? Non fatemi ridere!!» Anche se non condividevo quello che ho visto, cominciai a capire qualcosa dell’amore di Gesù.

L’estate seguente andai a Monaco al giardino inglese Garden e mi recai su un prato dove alcuni ragazzi fumavano hascisc e mi accorsi che su una collina c’erano dei cristiani che predicavano e cantavano; non li volevo sentire e così girai alla larga. Tempo dopo nello stesso posto, c’erano di nuovo quei cristiani, ma questa volta non volli cambiare strada,anzi volli mettere loro il bastone fra le ruote. Non potevo prenderli a pugni, perché non ne avevo la forza, infatti a quei tempi pesavo soltanto 54 chili. In compenso avevo una lingua molto tagliente e li aggredii con tante parolacce; poi rimasi in silenzio perché quello che dicevano mi colpì particolarmente. Solo oggi so che quello era l’amore di Gesù.

Frustrato ed amareggiato, decisi di tornare ad Amsterdam;
non avevo soldi, niente droga e solo l’astinenza da sopportare. Casualmente mi trovai in un ufficio postale mentre cercavo di truffare dei turisti; lì mi vennero incontro due uomini che mi parlarono di Gesù Cristo e pregarono con me; fu quella la prima volta che pregai, perché ero davvero allo stremo delle forze, così dissi: «Gesù,se Tu esisti davvero, mandami dell’eroina».Questo Gesù non l’avrebbe mai fatto, perché Lui ama i tossici ma non l’eroina. A quel tempo io non lo sapevo e così ricominciai ad essere sopraffatto dalla droga.

Questa volta ripresi a girovagare con Glenn, in cerca di uno spacciatore e lui mi disse: «Andiamo a cercare qualche soldo». Salimmo su una barca, ci vennero ad aprire ed una voce ci invitò a entrare. Glenn era un ragazzo di colore, robusto e pieno di forze, anche se si bucava già da tempo. Appena entrò nella barca, tirò una bottiglia in un angolo, poi prese l’uomo per la gola e gli disse: «Dammi subito i soldi». Così quell’uomo aprì il portafoglio e gli diede alcune banconote. «Li voglio tutti» disse Glenn, e quell’uomo impaurito diede a Glenn tutti i suoi soldi.
Io aspettavo silenziosamente mentre fumavo, poi siamo fuggiti via e ci siamo divisi il bottino. Qualche giorno dopo mi trovavo nel quartiere a luci rosse ed un amico mi parlò di alcuni cristiani che avevano una casa di recupero per tossicodipendenti. Pur sapendo che detestavo i cristiani, sapevo pure che loro rimanevano la mia ultima speranza per uscire dalla tossicodipendenza.
In un bar incontrai un giovane che mi disse: «Amico, anch’io ero un tossicomane e le ho provate tutte per uscire dalla droga, ma solo uno ti può liberare: Gesù Cristo.»

Mi sentivo come diviso a metà perché, da un lato volevo cercare i cristiani, dall’altro volevo fuggire da loro. Dopo l’ennesima volta che ero uscito dalla clinica psichiatrica, mi era chiaro che avrei passato il resto della mia vita a fare entra ed esci dai carceri e dalle cliniche psichiatriche. Così mi decisi a cercare i cristiani sperando nel loro aiuto per cambiare definitivamente la mia vita. Loro mi hanno preso così com’ero, cioè un tossicodipendente.

Chi altro poteva prendersi cura di me senza preoccuparsi di chi avrebbe pagato le spese per la terapia di recupero?

Loro avevano una bella casa nel nord dell’Olanda, dove c’erano tossici, alcolisti, prostitute ma c’era anche tanta gente liberata dal Signore Gesù. Ogni volta che la crisi d’astinenza assaliva qualcuno, loro erano sempre pronti ad aiutarlo. Questa volta era toccato a me, e uno di quei cristiani era sempre vicino al mio letto; a volte erano anche due o tre a prendersi cura di me e mi raccontavano come il Signore li aveva liberati e pregavano insieme a me.

Il primo libro cristiano che ho letto è stato quello di Nicky Cruz, intitolato «Fuggi piccolo, fuggi». Anche Nicky, aveva avuto un passato simile al mio. A 15 anni, lasciò la famiglia per diventare capo di una banda, perché la sua sete di potere e di andare contro ogni tipo di autorità, era per lui al di sopra di ogni cosa. Era uno molto violento, che non conosceva l’amore né provava alcun sentimento. Io sapevo bene quello che aveva passato Nicky, infatti leggendo il libro, mi ritornava in mente tutta la mia vita, e ho dovuto riconoscere che io, come Nicky, avevo camminato in una strada a senso unico che porta solo alla morte. Come lui. Anch’io ero senza speranza, senza futuro, stanco di scappare. Arrivò un giorno che decisi di non rimanere più da questi cristiani, perché si pregava tutto il giorno,lodando ed esaltando il Signore; poi l’ora dello studio biblico e poi ancora preghiera. Tutto questo non riuscivo più a sopportarlo, sicuramente non sarei invecchiato là! Volevo ritornare ad Amsterdam e trovare un lavoro quando mi
sarebbe passata la crisi d’astinenza. Lì alla casa di recupero, la gente aveva il difetto di essere troppo devota a Dio.
Ma le cose non andarono così, infatti finita la terapia, rimasi là e un giorno mentre stavo leggendo la Bibbia il Signore mi parlò attraverso la Sua parola dicendomi: «Colui che viene a Me, io non lo caccerò fuori» (Giovanni 6:37).

Che promessa meravigliosa! In preghiera confidai tutti i miei peccati a Gesù e gli dissi: «Non ne posso più, vengo a Te, fascia le mie ferite, fatti sentire e io Ti seguirò, Ti do i miei peccati e tutta la mia vita, prendimi per mano». Lui mi ha liberato! Niente più dottori,né psichiatri ma soltanto Gesù! Nel Salmo 138 c’è scritto: «Nel giorno che ho gridato a Te, Tu mi hai risposto, mi hai riempito di coraggio dando forza all’anima mia». Ogni libertà terrena, acceca i nostri occhi e confonde i nostri sensi.

La mia ricerca di libertà mi aveva portato ad essere schiavo del peccato e la mia vita era diventata un incubo. Soltanto Gesù poteva spezzare il vincolo che mi legava al peccato, per questo io Lo glorifico e Lo ringrazio per l’eternità. Per la Sua grande misericordia, oggi sono completamente libero dalla droga e sono felice di essere diventato un figlio di Dio. Lui è morto per ognuno di noi sulla croce e ci ha liberati dal peccato.

Dopo un anno trascorso in questo centro d’accoglienza, ritornai in Germania in autostop, ma ben presto rimasi a piedi perché nessuno andava nella mia stessa destinazione. Sentivo molto freddo, allora cercai riparo dentro una cabina telefonica. Lì mi vide la polizia che mi portò in centrale, dove mi fecero una multa che però non potevo pagare; per questo motivo mi arrestarono un’altra volta, ma questa volta come figlio di Dio, infatti, nella cella cantavo inni di lode con grande meraviglia dei sorveglianti, che mi guardavano dallo spioncino. In cella ho avuto la possibilità di parlare di Gesù Cristo ad un ragazzo tossicodipendente

Quando venni, ritornai a Monaco,dove conobbi altri cristiani che mi diedero tutto e mi rimasero vicini. A Monaco Dio mi ha aiutato a trovare lavoro in una pizzeria. Lui mi ha aiutato e mi ha dato gioia e forza per riuscire a lavorare. Per la prima volta riuscii a lavorare stabilmente senza interruzioni, infatti, riuscii ad ottenere le mie prime ferie; questo per me era davvero un grande miracolo. Quale gioia di vivere! Finalmente le mie mani non servivano più soltanto a rubare, a scassinare e ad iniettarmi di droga; adesso potevo anche aiutare il prossimo. Ma non era così semplice per uno che ha avuto un passato come il mio. Le ferite della mia vita passata, erano ormai guarite ma improvvisamente si riaprirono ed io rincominciai a drogarmi, così tornai ad Amsterdam comprai dell’eroina e mi bucai. Nel frattempo i miei amici cristiani, preoccupati per me, denunciarono la mia scomparsa improvvisa.

Probabilmente nessuno può capire quello che provai dopo essermi bucato per l’ennesima volta, ma posso dire con certezza che me ne vergognai enormemente. Quale scandalo ricadere nello stesso fango per uno che era stato liberato da Gesù Cristo e aveva assaporato la Sua gioia e la Sua pace; ma l’amore di Dio e la Sua misericordia sono più grandi dei nostri fallimenti.

Mentre mi trovavo ad Amsterdam seduto in un bar ad ascoltare un po’ di musica, entrarono dei cristiani ad appendere dei volantini. Decisi di andare da loro e raccontai che anch’io ero un figlio di Dio ma purtroppo ero caduto di nuovo nel peccato, così pregammo insieme ed io confessai i miei peccati a Dio. Tutto ciò mi fece capire quanto ero misero, ma anche che nessuno mi avrebbe potuto rapire dalle mani del Padre celeste. Ritornai subito a Monaco, dove trovai dei cristiani che pregavano per me. Sapevo che, dopo l’ultimo errore che avevo commesso, il Signore mi aveva perdonato ed io potevo continuare a seguirLo; da quella volta in poi non ho mai più avuto esitazioni. Da quel momento la mia vita aveva un senso ed una meta. Dio mi aveva liberato da tutti i legami con la droga, mi ha dato una casa e sapevo di stare al sicuro con questo Dio meraviglioso che mantiene le Sue promesse. Se hai a che fare con uno spacciatore, non saprai mai se lui ti ha dato dell’eroina o del veleno per topi; credi in lui senza avere prima controllato cosa ti ha dato, infatti, tante persone sono state ingannate e sono morte avvelenate.
Ma tu puoi fidarti ciecamente di Gesù, perché Lui non mente. Questa è la testimonianza che innumerevoli persone ci lasciano da millenni. Anch’io mi sono lasciato guidare con fede dalla Sua Parola e così sono stato liberato dal peccato e dalla dipendenza alla droga.

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