Dopo la morte del poliziotto trentottenne Filippo Raciti e in seguito ai violenti scontri di Catania, la Federcalcio ha deciso di sospendere tutte le partite del campionato. Lo stato di emergenza ha raggiunto anche il calcio italiano. Il Dio della Bibbia ci chiama, dicendo: «Ritornate, figli traviati, io risanerò le vostre ribellioni». E la nostra risposta dovrebbe essere: «Ecco, noi veniamo a te perché tu sei il Signore nostro Dio.»
Dobbiamo ammettere con orrore che il mondo del calcio dei campioni mondiali è a pezzi.
Il calcio riflette la nostra società!
Anche il Vaticano si è espresso sui tumulti die giorni scorsi, dichiarando che «Il calcio è diventato uno sport nelle mani dei criminali, addirittura degli omicidi.»
Da tempo ormai il calcio italiano è dominato dalla brutalità degli Ultras. Appena una settimana fa, durante una partita, il dirigente di un club calabrese è stato calpestato a morte nel corso dei violenti scontri tra i tifosi.
Il governo ha annunciato drastiche misure contro questa forma di violenza, come per esempio il ritiro della licenza di agibilità per gli stadi con impianti non in regola. Inoltre, si vorrebbero impedire le trasferte collettive dei tifosi. Altre norme prevedono lo svolgimento delle partite ”a rischio” di mattina anziché di sera, controlli molto più rigidi e divieti d’ingresso negli stadi. Il Ministro Romano Prodi ha promesso di non avere «Nessun riguardo per i violenti!»
E noi che cosa possiamo fare?
Le decisioni e le risposte del Governo riusciranno ad aiutare la nostra società?
Una domanda del genere ci porta al principio di ogni cosa.
Dopo i gravi tumulti di Catania prevale un senso di sgomento e impotenza. Soltanto ora viene alla luce quello che provano le persone frustrate. L’uomo non vive solo di panem et circenses (lett. pane e giochi del circo), ha bisogno di Dio! Eppure sia il popolo che i suoi governanti se ne sono allontanati.
«La dolce vita» è diventata la nostra religione alternativa?
Solo se ritorniamo a Gesù e cerchiamo un rapporto autentico con Lui guariremo.
Dio (non una religione, né una chiesa o un’ideologia) è l’unico che può cambiare la nostra vita e mostrarci come convivere in pace e armonia.
(Geremia 3,22)